Territorio
"Se consideriamo il mattone l'unità più piccola dell'Architettura, l'automobile lo è per l'Urbanistica".
Lo spirito predatorio della nostra economia ha messo un po' nei guai il nostro territorio.
Negli ultimi tempi, complice l'austerità causata dalla crisi, si sono affacciate nuove opportunità di "sviluppo sostenibile". Le incentivazioni sull'energia, ci hanno lusingato con premi in denaro (detassazione con incentivi fiscali) e premi volumetrici (apliamenti e ricostruzioni del Piano casa).
Se osserviamo l'urbanistica degli ultimi tempi non la riconosciamo più. Un tempo - per definizione - l'urbanistica "regolava" la crescita edilizia attraverso lo strumento più conosciuto: il Piano regolatore grenerale PRG.
Ora è invece rappresentata da una insieme di "dicotomie": risparmio del territorio, vincoli, piano casa, perequazioni per ottenere più volume costruibile ecc.
Ma quale potrebbe essere l'unità di misura di tutto ciò? In Architettura è semplice, è l'elemento più piccolo: il mattone. In urbanistica invece, viene da pensare possa essere l'automobile.
Ogni nuova strada taglia lo scampolo di territorio e succede il rempimento edilizio. La terra per l'agricoltura si deforma e si trasforma in materia prima del costruire. La nostra delega di produzione di cibo ai paesi in via di sviluppo ci pone un interessante interrogativo: cosa ne facciamo dello spazio se non lo coltiviamo!
Insomma se siamo riusciti ad evolvere l'Architettura attraverso nuovi materiali, perchè non sarebbe possibile evolvere l'Urbanistica attraverso un ri-disegno della mobilità?
Il coinvolgimento della cittadinanza nelle opportunità partecipative offerte - soprattutto in sede di VAS - auspicano che le "riunioni" siano condotte da moderatori esterni, arbitri non coinvolti direttamente negli interessi del Comune, quindi super partes, in luoghi consoni e capienti quali auditorium, biblioteche, piazze del sapere etc.
"Analizzare è già progettare". La politica sfiduciata non è più in grado di soddisfare le "esigenze" dei singoli, figuriamoci se potrà trovare soluzione per il bene comune che non sia spendibile nell'arco di una breve legislatura... "Guardare al futuro per progettare sostenibile" non è compatibile con questa affannosa ricerca politica di una risposta immediata.
La drammaticità di una "economia della crescita che non cresce" ci influenza in una visione privatistica. Dare fondo agli ultimi risparmi per lasciare ai nostri cari qualche cosa che duri nel tempo, ci fa mancare l'appuntamento "storico" della condivisione del futuro del bene comune.
In fondo le decisioni prese ora - sul territorio - influiranno sulla salute e la gioia dei nostri figli e nipoti fino alla "settima generazione". E' un monito e un augurio.